mercoledì 21 febbraio 2007

Scenari ed azioni per le imprese edili


Scenari ed azioni sul versante del Mercato edilizio

Il settore edile risente di spinte contrapposte: da un lato vi sono numerosi segnali di persistenza - se non di incremento rispetto a qualche anno fa - di situazioni di arretratezza; dall’altro vi sono esperienze concrete di cambiamento e innovazione.
Si segnalano casi di peggioramento sul versante del “mestiere”, con la progressiva scomparsa di personale qualificato. Diffuso rimane il ricorso al cottimo e a prestazioni dequalificate, con conseguente caduta della qualità di determinate lavorazioni. Solo in alcuni casi tale fenomeno viene bilanciato con iniziative di “retroinnovazione”, cioè di qualificazione artigiana su specifiche lavorazioni (es. restauri, trattamento di materiali speciali, etc.) . I lavori di recupero determinano una miriade di interventi di rinnovo e riqualificazione.
Le imprese analizzate nella nostra ricerca in più di un caso danno l’impressione di richiudersi in micro-aree territoriali da cui non sembrano peraltro arrivare spinte innovative.

Le spinte innovative vanno arrivano sul versante del cambiamento del paradigma del prodotto edilizio, della sua concezione di base. La casa (che sarà sempre più anche un luogo di lavoro) tende a trasformarsi in un prodotto “intelligente”, con livelli di fruizione impiantistici sempre più elevati. Il valore del prodotto edile cambia: esso è dato non solo dal bene fisico in quanto tale, ma dall’insieme della resa dei processi innescati dall’edificio. È il valore d’uso per la committenza quello che conta. Il valore è dato dalla misura in cui il manufatto è in grado di risolvere i problemi della committenza: velocizzare la produzione, ridurre i consumi, adeguarsi ai cambiamenti, aumentare la sicurezza, etc. Ogni prodotto può essere visto non come un insieme di singole componenti, ma come sistema: sistema tetto, sistema pavimento, etc, passando da un approccio specifico ad un approccio globale. Significa considerare non solo le funzioni primarie del prodotto (copertura e isolamento nel caso del tetto) ma anche esigenze come la generazione di energia a basso costo o la collocazione di cavi e fibre per telecomunicazioni. Si parla sempre più quindi di sistema casa ecologica, sistema casa intelligente, etc., e di prodotti indirizzati a specifici target di utenti: anziani, tele-lavoratori, ambientalisti, etc.
Si sviluppano inoltre interventi di manutenzione programmata e di Global Service. Nell’edilizia non residenziale privata si sviluppano il mercato dei parchi commerciali, dei centri commerciali, delle c.d. sale “multiplex”, etc.. I dati di redditività delle iniziative che vedono la fornitura di prodotti edili e servizi congiuntamente sono significativi: ad es. per contratti di Global Service ci si aggira attorno ad un 20% di tasso di ritorno di capitale, con un margine di redditività del 4-5%, mentre la sola costruzione presenta dati rispettivamente del 5-7% e del 2%. Chi produce l’edificio non trattiene più a sé il valore creato, ma lo condivide con gli operatori confinanti nella filiera produttiva. L’impresa edile rischia di non essere più il traino della filiera, ma di divenire un attore fra i tanti, spesso nemmeno il principale.
Il mercato edilizio sta vivendo in questi anni una fase di sviluppo in cui sta progressivamente cadendo la distinzione fra progettare e fare, a favore della capacità di gestire processi integrati che partono dal finanziamento dell’opera giungono fino alla formazione del personale. In altri termini, questa è la fase in cui sopravvive l’impresa capace di intervenire nel ciclo lungo della commessa, fornendo servizi di vario livello ai diversi committenti (utilizzatori finali, finanziatori, enti pubblici).
Esistono mercati che maggiormente si prestano ad essere serviti da imprese come quelle da noi analizzate. Sono le stesse strategie di impresa tuttavia che spesso rigettano la scelta di specializzazione, preferendo giocare su più versanti in modo da tutelarsi dai rischi di crisi sub-settoriale. La conseguenza è la genericità delle competenze ed una sorta di condanna all’anonimato sul mercato, con anche il forte rischio di perdita delle professionalità maggiormente pregiate.
Le linee di possibile specializzazione sono molteplici, e si possono basare sul presidio del territorio (che è quanto già cercano di fare gran parte delle PMI analizzate nel corso di questa ricerca), ma anche su una particolare tecnologia (recupero, restauro, conservazione, etc.), o su una particolare combinazione Prodotto/Mercato (es. agenzie bancarie, centrali telefoniche, abitazioni ecocompatibili, edifici telematici, etc.). Altre specializzazioni possono derivare dal possesso di un particolare know how (ad es. professionalità gestionale), o di canali privilegiati di accesso al mercato del lavoro.
Il criterio che deve guidare la ricerca della specializzazione è il possesso da parte dell’impresa di una qualche capacità distintiva, che la metta al riparo da imitazioni da parte di concorrenti e che le consenta di riprodurre nel tempo e nello spazio lavori conosciuti.


Azioni da sviluppare sul versante del Mercato

Le piccole imprese di costruzione spesso non colgono i mutamenti di mercato, e danno per scontato che certi avvenimenti non siano significativi. Devono invece aumentare la propria capacità di cogliere i cosiddetti “segnali deboli” del mercato, da cui possono trarre origine nuove idee di prodotto o di servizio. Molti mercati non vengono oggi serviti perché non si conoscono o perché, come nel caso degli Enti Pubblici, non si hanno le competenze necessarie per gestirne gli aspetti formali e burocratici.
Appare quindi da potenziare la funzione marketing. Questa è oggi generalmente assolta attraverso reti fiduciarie, che funzionano sia come sensori informativi sul mercato (locale) che come canale per acquisire lavori. Quello che serve a molte imprese è l’introduzione di strutturati meccanismi di conoscenza per i diversi segmenti di domanda. Si tratta in altri termini dello sviluppo di un management dell’informazione. Questo consentirà all’impresa di introdursi in modo più mirato all’interno dei programmi pubblici e delle filiere produttive locali.

Dal punto di vista dei servizi necessari alle imprese, possiamo dire che le imprese hanno senza dubbio necessità di informazioni veloci e concrete, dati, ricerche, notizie per orientare le strategie aziendali (es. banche dati sullo stato di conservazione degli immobili). Importante è anche offrire, in modo chiaro e comprensibile indagini di mercato, ricerche sul comportamento di utenti finali ed intermedi, previsioni di mercato. Alcune analisi possono essere approfondite anche in modo personalizzato per singole aziende o gruppi di queste: analisi della concorrenza e del posizionamento competitivo. Non sempre gli imprenditori hanno la possibilità di partecipare ad eventi, fiere, convegni: occorre che le informazioni di questi avvenimenti vengano comunque messe a loro disposizione.
Fare impresa è sempre più complicato: molti imprenditori non hanno manifestato contrarietà a ricevere aiuti esterni qualificati nella definizione delle strategie di base.
A livello più operativo sono emerse richieste di informazioni non tanto per il semplice ampliamento del mercato, quanto per l’inserimento in circuiti caratterizzati da gradi di sicurezza sull’affidabilità dei committenti. Questo tipo di esigenza richiede un superiore grado di professionalizzazione delle relazioni con l’esterno. Anche su questo versante le strutture di servizio alle imprese non riescono oggi a dare risposte soddisfacenti.


Scenari ed azioni sul versante del Prodotto

Un tema di grande rilevanza per l’organizzazione dell’impresa è quello legato al presidio dell’innovazione. Nella perdita di know how specifico e differenziante sta forse il pericolo maggiore per le PMI di costruzione. Tradizionalmente i forti connotati di informalità del lavoro impediscono una sistematizzazione metodologica della ricerca. L’innovazione appare un fatto quasi casuale.
Molte sono le difficoltà che si frappongono all’innovazione nel settore edile, che si caratterizza per la realizzazione di “prodotti unici”, attraverso processi di lavoro altamente variabili, a basso contenuto tecnologico e a forte intensità di manodopera. Organizzazione e tecnologie di cantiere poco si prestano a sostanziali innovazioni. La ricerca di efficienza si realizza più facilmente operando sulle singole fasi di lavorazione (nuove tecniche, nuovi materiali) o sul decentramento produttivo, o sui servizi al cantiere (progettazione, contabilizzazione lavori, direzione lavori).
Il prodotto edilizio è un prodotto “a banda larga” di tecnologia . Le applicazioni al prodotto di altri settori sono elevate, e non sono possibili processi di integrazione verticale. In questo senso il settore edile assomiglia a quello dei servizi, e l’edilizia è un area industriale con fortissimi apporti da altri settori. Il forte decentramento produttivo tipico del settore comporta forti rischi per il livello qualitativo delle prestazioni. Le imprese subappaltatrici non sono spinte a qualificare le lavorazioni, quanto a massimizzare la produttività. Aumenta quindi l’importanza della fiducia: non sono sostenibili i costi dei controlli, dati dal non potersi fidare.
Il settore delle costruzioni è il primo che registra una imposizione per legge (la cosiddetta Merloni, per le imprese che partecipano agli appalti pubblici) della “certificazione” della qualità del processo di produzione secondo le normative ISO. Tale scelta - per molti aspetti paradossale, in quanto ha trasformato una norma volontaria in norma cogente - è un modo per dare una risposta alla oggettiva esigenza dei committenti e delle imprese generali di esercitare un controllo dei processi produttivi esternalizzati. La norma ISO sposta l’accento dalla qualità del prodotto alla qualità del produttore. Al di là delle legittime perplessità su tale soluzione legislativa , non va dimenticato che in ogni caso la certificazione non crea qualità, non crea profitti. Il cliente fissa dei parametri, ma il fornitore deve sempre cercare di superarli.
Sempre più sopravvivere e svilupparsi significa non solo, o non tanto, fare un lavoro di qualità, ma realizzare prodotti e servizi innovativi. Chi dimostra questa capacità ottiene margini superiori e si pone al riparo da concorrenti sleali o superiori in termini di contenimento dei costi.

L’innovazione non ha quasi mai rappresentato un punto di forza per le imprese analizzate dalla nostra ricerca, i cui prodotti e processi risultano stabili nel tempo dal punto di vista tecnologico. Più facilmente le imprese edili hanno trasformato e diffuso innovazioni tecnologiche prodotte dai fornitori o dai progettisti.
Il cantiere rimane la base della produzione dell’azienda. Il calo dell’attività diretta di produzione a favore di quella di coordinamento pone all’azienda un problema, legato all’assunzione di ruoli di regia da parte di imprese medio - piccole che non hanno adeguate competenze in termini gestionali. Connessa a questa dinamica è la questione del presidio del lavoro di innovazione, che appare sempre più spostato verso professionisti e strutture esterne all’impresa stessa. Se è noto il ruolo giocato dagli studi tecnici e dai progettisti esterni, vi sono segnali che indicano come da tempo sia in crescita il peso ricoperto da imprese impiantiste, normalmente subappaltatrici delle imprese di costruzione, nel gestire il rapporto col mercato . Se tradizionalmente è sempre stata l’impresa edile che definiva l’accordo con la committenza e intorno al suo sistema creava la rete delle imprese che alla fine realizzavano le varie fasi del lavoro, in più di un caso si assiste oggi ad un rapporto diretto fra impiantista e cliente finale, che cerca una soluzione specifica ed innovativa.
Si ribalta quindi il rapporto fra imprese nella filiera. È l’impiantista che procura al cliente finale l’impresa di costruzioni, e funge da sorta di general contractor.



Azioni da sviluppare sul versante del prodotto

Molti dei servizi segnalati dalle imprese, o intuibili dalle loro richieste, hanno a che fare con la “concezione” del prodotto e dell’offerta. Le aziende (non tutte in verità) segnalano l’esigenza di sviluppare la propria capacità di offrire prodotti caratterizzati da innovazione, sia tecnologica che di rapporto col mercato.
Quello che serve è la capacità di sviluppare, essenzialmente in forma aggregata, anche a livello di piccole e medie imprese, ricerca e innovazione tecnologica dei prodotti, dei servizi e dei processi. L’aggregazione deve riguardare imprese complementari, che sviluppano offerte di edilizia e impiantistica congiuntamente. Già alcuni segnali in tal senso - rilevati anche nel corso della nostra ricerca - provengono dal mondo delle imprese di impiantistica.
In tal senso si configura l’esigenza di sviluppare servizi che facilitino l’accesso delle aziende a finanziamenti per l’innovazione. Non va tuttavia dimenticato che - a livello di altri settori produttivi - appaiono oggi sopravvalutati molti servizi volti a favorire l’accesso a finanziamenti per l’acquisto di attrezzature e macchinari: è dimostrato da numerose ricerche che questi da soli non costituiscono un incentivo ad intraprendere progetti innovativi . Quello che rimane fondamentale è la volontà di sviluppo dell’imprenditore, che si concretizza in risultati effettivi anche quando non sono disponibili finanziamenti pubblici.



Scenari ed azioni sul versante della Struttura

Ogni miglioramento della combinazione Prodotto/Mercato dell’impresa richiede un coerente adeguamento sul versante organizzativo. Le imprese si trovano a dover gestire un numero sempre più elevato di commesse rispetto alle proprie tradizioni. Spesso si tratta poi di commesse complesse, con forte rilevanza della parte impiantistica. I committenti più evoluti non si limitano al solo appalto di costruzione, ma richiedono impegni precisi anche per la successiva fase di gestione e manutenzione dell’opera. Acquisire un contratto dipende sempre più anche dalla capacità di copertura offerta dall’appaltatore di saper rispettare i termini del contratto.
La tendenza della PMI a trasformarsi sempre più in general contractor la obbliga a presidiare al meglio le fasi di regia e programmazione delle operazioni sul cantiere, col committente e coi finanziatori. Finora questo ruolo è stato reso possibile dalle basse barriere all’entrata in termini di competenze manageriali necessarie. L’approccio a segmenti specializzati di mercato richiede invece nuove competenze e capacità. La stessa tendenza all’aumento delle alleanze richiede una capacità di presidio della fase negoziale e contrattuale. Questo presidio non può che essere responsabilità, in queste realtà, del titolare di impresa, il quale ha bisogno di integrare le proprie competenze di marketing e di analisi strategica, richiede un supporto sul versante della gestione aziendale, dell’innovazione di prodotto, della contrattualistica.
La strutturazione di ruoli e responsabilità in queste aziende deve avvicinarsi sempre più a modelli per progetto, con processi contemporanei di delega, in logica dowsizing.
Occorre creare un vero e proprio Sistema Informativo Aziendale relativo alle funzioni di marketing, di produzione, di acquisto, commerciale, in modo che le informazioni rilevanti non rimangano solo nella testa dell’imprenditore.
La Programmazione dello sviluppo aziendale non può continuare ad essere vista come un optional. Forme di Business Plan, anche estremamente semplificate, vanno previste e realizzate.
A livello gestionale occorre lavorare meglio per obiettivi: il budget deve diventare uno strumento normale di lavoro.
La funzione di Relazioni esterne va modificata: da sistema chiuso a sistema aperto, in ottica di pubbliche relazioni e relazioni istituzionali.

Le imprese risentono di arretratezza sul versante dei sistemi di controllo e monitoraggio delle attività operative. Lo sviluppo di questi sistemi con supporti informatici e telematici può aiutare le imprese a monitorare le proprie performances.
La ricerca ha evidenziato come, a livello operativo, occorra aumentare alcune capacità critiche:

  • analisi sistematica dei rendimenti dei fattori produttivi;
  • studio dei movimenti dei materiali;
  • controllo qualità;
  • analisi dei rischi tecnici, economici e finanziari;
  • studio preliminare della commessa;
  • programmazione acquisti;
  • programmazione della produzione.
  • analisi finale dell’andamento della commessa, individuazione degli errori di gestione.

Sono tutte capacità finalizzate all’aumento dei livelli di conoscenza e di apprendimento dell’azienda.
In particolare un miglioramento delle competenze aziendali sul versante delle capacità di programmazione consente all’impresa di:
  • impiegare nel modo più razionale i fattori produttivi a disposizione;
  • individuare e ricercare con tempestività i mezzi finanziari necessari;
  • controllare l’andamento della produzione ed apportare i correttivi necessari in caso di scostamenti.



Azioni da sviluppare sul versante della struttura

Sul versante della struttura le azioni da intraprendere sono molteplici, alcune da realizzarsi direttamente da parte dell’azienda, altre da promuovere da enti esterni.
Le aziende devono imparare ad essere capofila di un sistema di reti; alcune delle maggiori imprese analizzate utilizzano società immobiliari collegate per procurarsi clienti: questa appare essere una strada significativa per la crescita, così come l’integrazione con impiantisti specializzati e dotati di tecnologie avanzate.
Tali strategie, per poter essere gestite operativamente, richiedono la presenza o la crescita in azienda di ruoli manageriali. L’impresa non può essere una sommatoria di commesse, ma deve basarsi su una spina dorsale composta da figure manageriali quali:
  • Direzione generale: responsabile del buon andamento dell’azienda sia come qualità tecnica dei lavori realizzati che come rispetto degli accordi contrattuali che come risultato economico-finanziario complessivo.
  • Direzione di commessa, responsabile degli obiettivi tecnici ed economici della singola commessa.
  • Direzione di cantiere, responsabile dell’organizzazione del cantiere e della conduzione dei lavori.
Queste competenze e queste figure vanno organizzate secondo uno schema “a cannocchiale”, con fasce di sovrapposizione fra tutte le posizioni contigue. La catena delle responsabilità si allunga o si accorcia a seconda delle situazioni . I ruoli sopra descritti vanno chiariti il più possibile, anche quando (e specialmente quando) alcuni di questi vengono ricoperti dalla medesima persona.
Se l’obiettivo è di creare una organizzazione "guidata dal cliente", occorre arrivare ad una organizzazione per progetto che integri il modello centralizzato attuale. Occorre passare da una situazione in cui spesso il responsabile commerciale (cioè a dire il titolare dell’impresa) funge anche da capo commessa, mantenendo la responsabilità su questa dall’inizio alla fine di tutto il ciclo di produzione e incasso, ad una situazione in cui si verifica un passaggio di consegne dal responsabile commerciale ad un capo commessa distinto (socio o dipendente che sia). Questo capo commessa deve essere responsabile del rispetto degli impegni contrattuali sia dal punto di vista tecnico che economico/finanziario; spetta al capo commessa operare per la soddisfazione del cliente nel rispetto delle procedure aziendali (programmazione, s.a.l., incassi, rendicontazioni, etc.) e lavorare per lo "sviluppo commerciale" della commessa stessa.
La gestione della commessa rappresenta la base del cambiamento organizzativo. L’impresa che vuole crescere deve are in modo che la commessa venga sempre più presidiata da una responsabilità distinta da quella del titolare o del socio che si occupa dell’azione commerciale. Programmazione dei tempi di fine lavoro/consegna, aggiornamento commesse in corso d'opera e s.a.l., modifiche in corso d'opera, rendiconti di fine lavoro, controllo lavorazioni extra, controllo dei margini, individuazione delle responsabilità in caso di contestazioni (e conseguenti insoluti e/o sconti finali) sono tutte attività che richiedono presidio costante e attenzione specifica e che rappresentano una formidabile palestra per la crescita di collaboratori.

Ai ruoli manageriali sopra descritti occorre affiancare funzioni di supporto di:
  • contabilità tecnica e amministrativa;
  • preventivazione;
  • progettazione.
Sono funzioni che possono essere ricoperte anche da strutture e personale esterno all’impresa, che devono tuttavia trovare dentro l’impresa una competenza di base in grado di orientarne l’azione e controllarne i risultati.
Va sviluppata la capacità interna di selezione e formazione del personale, attraverso la dotazione di appositi strumenti di gestione; la stessa formazione tecnica ed imprenditoriale dei dipendenti e collaboratori va portata il più possibile all’interno delle aziende.

Gli Enti esterni, pubblici o associativi, possono promuovere iniziative formative aggregando imprenditori che abbiano obiettivi e strategie comuni: forte è l’esigenza di confronto e dialogo tra imprese, di interscambio di esperienze, di creazione di nuove forme di aggregazione economica. Tale esigenza può essere soddisfatta efficacemente da attori percepiti come neutri rispetto alle dinamiche competitive fra imprese. Nel corso della ricerca l’associazione di categoria ed il consorzio sono emersi come luogo preferenziale di scambio e di acquisizione di informazioni, spesso “a latere” di altre iniziative. Questa funzione laterale va ulteriormente enfatizzata e portata allo scoperto, aumentando la creazione di momenti seminariali o di eventi informativi, che risultano preferiti rispetto a modalità informative istituzionali o formalizzate.
Allo stesso modo le associazioni di rappresentanza possono dare supporto alle imprese sul versante della selezione e formazione del personale, o aiutare l’imprenditore a trasmettere competenze e responsabilità all’interno della famiglia, ai dipendenti, a esterni .
Un servizio estremamente opportuno è quello di verifica delle potenzialità dell’azienda e della capacità di sviluppo. Una valutazione esterna, oggettiva, può essere di grande aiuto all’imprenditore, troppo spesso isolato nel suo ruolo e privo di interlocutori che possano comprendere le sue problematiche decisionali.

Una ulteriore ipotesi di lavoro è quella della generazione di imprese collegate. Troppo spesso si sente lamentare dai titolari di impresa che i bravi collaboratori scappano per mettersi in proprio, e che quelli che rimangono non sono interessati ad un coinvolgimento nella compagine aziendale.
Una strada da percorrere può essere quella di favorire non tanto la compartecipazione, quanto una vera e propria creazione di imprese da parte dei collaboratori più bravi e motivati (probabilmente destinati ad andarsene comunque dall’azienda, e magari in malo modo), con cui mantenere relazioni sia finanziarie (attraverso partecipazioni di capitale) che commerciali che tecniche, in ottica di partnership e comakership. Si trasmetterebbe in questo modo anche il “codice genetico” dell’impresa, quel linguaggio comune che consente ai diversi soggetti di cooperare in un network strutturato.
Quest’ultima prospettiva configura una sorta di mutamento epocale dell’impresa, da sempre abituata a fare da sé, verso una configurazione di impresa a rete vera e propria.

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